Istituto comprensivo paritario cattolico

Amoris Laetitia – trasmissione della fede

Lasciatemelo dire, in fondo fino a questo punto il Papa ha scherzato: è dal n. 287 di Amoris Laetitia  che il gioco si fa duro! Al termine del capitolo 7 infatti viene affrontato il tema della trasmissione della fede: non solo l’ “educazione alle buone maniere”, non solo il “modo giusto di pensare alla sessualità” ma soprattutto il metodo per trasmettere la fede ai nostri figli!

E quale argomento migliore da affrontare in un periodo così intenso per la nostra fede come il Natale oramai alle porte?

Trasmettere la fede ai posteri

A questo punto si affronta un tema che dovrebbe farci un po’ tutti saltare sulla sedia: il senso di Dio, la preghiera, il servizio al prossimo. Tutti argomenti non delegabili e anche maledettamente difficili – il papa lo riconosce – visti i ritmi di vita spesso frenetici, gli orari di lavoro, la complessità del mondo di oggi. Ma prezioso e stimolante, perché il tema della trasmissione della fede ci mette provvidenzialmente in discussione e ci fa riflettere sul modo in cui noi adulti pensiamo al mistero della vita, quel mistero in cui abbiamo introdotto i nostri figli nel momento in cui li abbiamo messi al mondo.

I genitori sono i primi catechisti dei propri figli

Ma che senso avrebbe aver generato dei figli se poi non siamo in grado di dar loro la chiave per decifrare questo mistero che è la vita? Dobbiamo riconoscerlo con lucidità: sono i genitori i primi catechisti dei loro figli. Il catechismo, la trasmissione dell’immagine di Dio, non comincia quando li portiamo all’oratorio per la preparazione alla prima comunione, così come questa trasmissione non può essere appaltata nemmeno ad una scuola cattolica come la nostra. Si tratta di un’educazione che i figli assorbono con il latte materno, guardando a papà e mamma, a come si vogliono, bene, a come litigano e fanno pace, ascoltando i loro commenti ai fatti della vita che segnano le vicende della famiglia e del mondo.

…ed è solo l’inizio!

Cari genitori: allacciate le cinture di sicurezza. Nei prossimi numeri della nostra newsletter affronteremo qualche aspetto di questo straordinario tema. Intanto – compito a casa – provate a leggere i numeri dal 287 al 290 dell’Amoris Laetitia.

Auguro a tutti voi un buon Natale!

Don Roberto Davanzo

Gestore dell’Istituto S. Caterina da Siena


Amoris Laetitia – 287 – 290 – Trasmettere la Fede

"Amoris Laetitia - 287" L’educazione dei figli dev’essere caratterizzata da un percorso di trasmissione della fede, che è reso difficile dallo stile di vita attuale, dagli orari di lavoro, dalla complessità del mondo di oggi, in cui molti, per sopravvivere, sostengono ritmi frenetici.[306] Ciò nonostante, la famiglia deve continuare ad essere il luogo dove si insegna a cogliere le ragioni e la bellezza della fede, a pregare e a servire il prossimo. Questo inizia con il Battesimo, nel quale, come diceva sant’Agostino, le madri che portano i propri figli «cooperano al parto santo».[307] Poi inizia il cammino della crescita di quella vita nuova. La fede è dono di Dio, ricevuto nel Battesimo, e non è il risultato di un’azione umana, però i genitori sono strumento di Dio per la sua maturazione e il suo sviluppo. Perciò «è bello quando le mamme insegnano ai figli piccoli a mandare un bacio a Gesù o alla Vergine. Quanta tenerezza c’è in quel gesto! In quel momento il cuore dei bambini si trasforma in spazio di preghiera».[308] La trasmissione della fede presuppone che i genitori vivano l’esperienza reale di avere fiducia in Dio, di cercarlo, di averne bisogno, perché solo in questo modo «una generazione narra all’altra le tue opere, annuncia le tue imprese» (Sal 144,4) e «il padre farà conoscere ai figli la tua fedeltà» (Is38,19). Questo richiede che invochiamo l’azione di Dio nei cuori, là dove non possiamo arrivare. Il granello di senape, seme tanto piccolo, diventa un grande arbusto (cfr Mt 13,31-32), e così riconosciamo la sproporzione tra l’azione e il suo effetto. Allora sappiamo che non siamo padroni del dono ma suoi amministratori premurosi. Tuttavia il nostro impegno creativo è un contributo che ci permette di collaborare con l’iniziativa di Dio. Pertanto, «si abbia cura di valorizzare le coppie, le madri e i padri, come soggetti attivi della catechesi […]. È di grande aiuto la catechesi familiare, in quanto metodo efficace per formare i giovani genitori e per renderli consapevoli della loro missione come evangelizzatori della propria famiglia».[309]
"Amoris Laetitia - 288" L’educazione alla fede sa adattarsi a ciascun figlio, perché gli strumenti già imparati o le ricette a volte non funzionano. I bambini hanno bisogno di simboli, di gesti, di racconti. Gli adolescenti solitamente entrano in crisi con l’autorità e con le norme, per cui conviene stimolare le loro personali esperienze di fede e offrire loro testimonianze luminose che si impongano per la loro stessa bellezza. I genitori che vogliono accompagnare la fede dei propri figli sono attenti ai loro cambiamenti, perché sanno che l’esperienza spirituale non si impone ma si propone alla loro libertà. È fondamentale che i figli vedano in maniera concreta che per i loro genitori la preghiera è realmente importante. Per questo i momenti di preghiera in famiglia e le espressioni della pietà popolare possono avere maggior forza evangelizzatrice di tutte le catechesi e tutti i discorsi. Desidero esprimere in modo speciale la mia gratitudine a tutte le madri che pregano incessantemente, come faceva santa Monica, per i figli che si sono allontanati da Cristo.
"Amoris Laetitia - 289" L’esercizio di trasmettere ai figli la fede, nel senso di facilitare la sua espressione e la sua crescita, permette che la famiglia diventi evangelizzatrice, e che spontaneamente inizi a trasmetterla a tutti coloro che le si accostano, anche al di fuori dello stesso ambiente familiare. I figli che crescono in famiglie missionarie spesso diventano missionari, se i genitori sanno vivere questo compito in modo tale che gli altri li sentano vicini e amichevoli, e così che i figli crescano in questo stile di relazione con il mondo, senza rinunciare alla propria fede e alle proprie convinzioni. Ricordiamo che Gesù stesso mangiava e beveva con i peccatori (cfr Mc 2,16; Mt 11,19), poteva fermarsi a conversare con la samaritana (cfr Gv 4,7-26), e ricevere Nicodemo di notte (cfr Gv 3,1-21), si lasciava ungere i piedi da una donna prostituta (cfr Lc 7,36-50), e non esitava a toccare i malati (cfr Mc 1,40-45; 7,33). Lo stesso facevano i suoi apostoli, che non erano persone sprezzanti verso gli altri, reclusi in piccoli gruppi di eletti, isolati dalla vita della gente. Mentre le autorità li perseguitavano, loro godevano della simpatia di tutto il popolo (cfr At 2,47; 4,21.33; 5,13).
"Amoris Laetitia - 290" «La famiglia si costituisce così come soggetto dell’azione pastorale attraverso l’annuncio esplicito del Vangelo e l’eredità di molteplici forme di testimonianza: la solidarietà verso i poveri, l’apertura alla diversità delle persone, la custodia del creato, la solidarietà morale e materiale verso le altre famiglie soprattutto verso le più bisognose, l’impegno per la promozione del bene comune anche mediante la trasformazione delle strutture sociali ingiuste, a partire dal territorio nel quale essa vive, praticando le opere di misericordia corporale e spirituale».[310] Ciò va collocato nel quadro della convinzione più preziosa dei cristiani: l’amore del Padre che ci sostiene e ci fa crescere, manifestato nel dono totale di Gesù, vivo tra noi, che ci rende capaci di affrontare uniti tutte le tempeste e tutte le fasi della vita. Anche nel cuore di ogni famiglia bisogna far risuonare il kerygma, in ogni occasione opportuna e non opportuna, perché illumini il cammino. Tutti dovremmo poter dire, a partire dal vissuto nelle nostre famiglie: «Noi abbiamo creduto all’amore che Dio ha per noi» (1 Gv 4,16). Solo a partire da questa esperienza, la pastorale familiare potrà ottenere che le famiglie siano al tempo stesso Chiese domestiche e fermento evangelizzatore nella società.

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